Non c’è insegnante migliore della storia, per determinare il futuro…Ci sono risposte che valgono miliardi di dollari nel libro di storia da 30 dollari.” Charlie Munger.
Recentemente, grazie a un suggerimento di Lorenzo di Investire con buon senso, mi sono imbattuto in un podcast della serie “Rational Reminder” dal titolo “Challenging the Status Quo on Lifecycle Asset Allocation”.
Per chi non l’avesse visto, consiglio vivamente l’ascolto (seppur in inglese) del podcast in cui il professor Scott Cederburg dell’Università dell’Arizona ha illustrato le sue conclusioni in merito a una recente ricerca universitaria su quale possa essere l’allocazione di portafoglio ottimale per una coppia (uomo e donna) durante tutta la loro vita lavorativa e post-lavorativa (il cosiddetto life cycle investing).
La particolarità di questo studio è dovuta a due fattori principali:
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La disponibilità di dati storici a livello globale: in passato, gli studi sull’allocazione di portafoglio ottimale erano limitati a dati storici di singole nazioni o regioni. Ciò rendeva difficile identificare le tendenze generali che si applicano a tutti i mercati finanziari. Tuttavia, grazie all’avvento di nuove tecnologie, è ora possibile accedere a dati storici a livello globale. Ciò consente agli studiosi di avere una visione più completa del comportamento dei mercati finanziari e di sviluppare modelli più accurati.
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L’applicazione di modelli che tengono conto del comportamento dei mercati finanziari: i modelli tradizionali di allocazione di portafoglio si basano su ipotesi che spesso non sono realistiche non considerando spesso ad esempio la regressione alla media dei mercati azionari.
Non ostante la volatilità di un portafoglio del genere, l’effetto a lungo termine dell’inflazione sarebbe molto più deleterio per un portafoglio tradizionale 60/40. Infatti, come sostiene il ricercatore, nel lungo termine azioni ed obbligazioni tendono ad essere molto correlate e le azioni tipicamente recuperano più velocemente le perdite per la nota caratteristica di regressione alla media. Anche il famoso “rischio dei rendimenti”, o sequenza dei rendimenti nei primi anni della fase di decumulo di un portafoglio viene comunque contemplata nello studio, portando alle stesse conclusioni.
Lo studio effettuato dimostra inoltre che anche in caso di eventi estremi (cigni neri), il mix azionario globale si comporta “meglio” (in ottica lungo termine) rispetto a tutte le altre alternative che includono obbligazioni e liquidità a breve termine. I rendimenti e le performance dello studio sono tutte reali (al netto dell’inflazione di ogni paese studiato).
Naturalmente, è importante sottolineare che queste conclusioni si basano su dati storici che potrebbero non essere rappresentativi del futuro. Tuttavia, sono certamente un’indicazione interessante che potrebbe portare a una più approfondita riflessione sulla gestione del risparmio pensionistico.
Credo che questo studio farà comunque discutere all’interno della comunità finanziaria, soprattutto perché sfida le convinzioni tradizionali sull’allocazione di portafoglio. È importante che gli investitori siano consapevoli di queste conclusioni e siano in grado di valutare in modo critico le implicazioni per la propria situazione individuale.
Mi conforta, questo studio conferma le mie scelte di tempo fa , appunto in controtendenza